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- Germania e la riconversione industriale: un déjà-vu storico
- Gli anni ’30: il precedente pericoloso
- La Guerra Fredda e il parziale equilibrio
- Il presente: la crisi dell’automotive e il rischio di una nuova dipendenza
- I sindacati e gli economisti: “non basterà”
- Il pericolo di un passato che ritorna
- Conclusione
- Fonti
Germania e la riconversione industriale: un déjà-vu storico
La recente scelta della Germania di riconvertire parte delle sue industrie civili al settore militare riporta alla mente capitoli bui della storia europea. Aziende come Deutz AG e ZF Friedrichshafen, storicamente legate alla produzione di motori e componentistica per il settore agricolo e automobilistico, stanno puntando a compensare la crisi dell’automotive con commesse militari. Una strategia che, secondo molti osservatori, rischia di non bastare a colmare i vuoti occupazionali e finanziari lasciati da un settore auto in forte declino.
Gli anni ’30: il precedente pericoloso
Negli anni ’30, la Germania nazista trasformò in modo massiccio l’industria civile in macchina bellica. La mossa garantì occupazione e crescita economica apparente, ma condusse a un esito disastroso: la Seconda Guerra Mondiale, con milioni di morti e il crollo totale del Paese. L’illusione di poter fondare la stabilità economica sul riarmo si rivelò un errore catastrofico.
La Guerra Fredda e il parziale equilibrio
Durante la Guerra Fredda, la Germania Ovest investì nella difesa nell’ambito NATO, ma mantenne un equilibrio con la produzione civile. Proprio questo equilibrio permise il cosiddetto “miracolo economico tedesco”, fondato su innovazione, esportazioni civili e stabilità sociale. Laddove il pendolo si spostava troppo verso il militare, aumentavano tensioni politiche e divisioni sociali.
Il presente: la crisi dell’automotive e il rischio di una nuova dipendenza
Oggi la Germania affronta la più grande crisi del suo settore chiave: l’automotive. La transizione lenta verso l’elettrico, i dazi americani e la stagnazione della domanda globale hanno messo in difficoltà colossi come Volkswagen, BMW e Mercedes. La scelta di spostare risorse e capacità verso il comparto Difesa può dare ossigeno nel breve periodo, ma gli esperti avvertono: l’industria automobilistica vale dieci volte quella bellica. I posti di lavoro persi non potranno essere bilanciati dai nuovi contratti militari.
I sindacati e gli economisti: “non basterà”
Secondo uno studio dell’Associazione dei produttori di automobili, entro il 2035 rischiano di sparire 140mila posti di lavoro. Helene Sommer di IG Metall sottolinea che ciò che si crea nel comparto militare non potrà compensare minimamente le perdite del settore auto. Anche Klaus-Heiner Röhl, dell’Istituto di economia tedesca, avverte che il boom degli armamenti ha un potenziale limitato e rischia di creare una dipendenza economica insana.
Il pericolo di un passato che ritorna
Se la Germania si affida troppo alle commesse militari, corre il rischio di trasformare nuovamente la sua economia in un sistema di guerra. La storia insegna che quando l’industria tedesca si sposta dal civile al militare, le conseguenze non sono mai state positive. Al contrario, le fasi di prosperità e stabilità sono arrivate quando la produzione civile e l’innovazione tecnologica hanno prevalso.
Conclusione
La riconversione militare non può essere la soluzione alla crisi dell’automotive. La Germania ha bisogno di una nuova strategia industriale fondata su innovazione civile, transizione energetica e sviluppo sostenibile. Puntare sulle armi per garantire occupazione e crescita rischia di ripetere errori storici con conseguenze pericolose non solo per la Germania, ma per l’intera Europa.
Fonti
- Il Fatto Quotidiano – Industria tedesca: dai trattori alle armi per la crisi dell’automotive
- Analisi storiche sulla riconversione industriale in Germania (anni ’30 e Guerra Fredda)
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