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Introduzione

Esiste un’ipotesi agghiacciante ma plausibile: Giovanni Falcone non è stato solo ucciso dalla mafia con il tritolo a Capaci. È stato ucciso una seconda volta, politicamente e simbolicamente, dallo Stato stesso. L’attentato del 1992 ha stroncato la sua vita; l’applicazione della legge sui collaboratori di giustizia – da lui voluta – ha invece liberato chi ha premuto il bottone. Chi aveva interesse a un piano così perfetto da cancellare la memoria di Falcone servendosi della sua eredità legale? In questo articolo proviamo a delineare questa terribile possibilità, analizzando atti, nomi e silenzi.

1. Il progetto di eliminare Falcone in due fasi

L’eliminazione di Giovanni Falcone appare sempre più come un’operazione a due tempi. La prima, brutale e fisica, ha avuto luogo il 23 maggio 1992 con la strage di Capaci. Una Fiat Croma blindata sventrata da 500 kg di esplosivo su input diretto della Cupola mafiosa. La seconda fase, più subdola e sistemica, è avvenuta nel 2025 con la scarcerazione di Giovanni Brusca, esecutore materiale dell’attentato.

Falcone non è morto soltanto sul cemento spaccato dell’autostrada siciliana. È morto anche nell’aula di un tribunale, dove una legge da lui fortemente voluta – quella sul pentitismo – è stata piegata fino a diventare uno strumento di libertà per chi ha ucciso lui e la sua scorta.

Si tratta di una coincidenza crudele o di un piano premeditato? Le due tappe – morte fisica e morte politica – non sembrano più così distanti. Cosa Nostra, lo Stato, o poteri oscuri: chi aveva interesse a colpire Falcone due volte?

2. La legge sui pentiti: genesi e distorsione

La legge sui collaboratori di giustizia nasce come strumento rivoluzionario nella lotta alla criminalità organizzata. Voluta con determinazione da Giovanni Falcone, fu pensata per spingere i mafiosi a collaborare con lo Stato, rompendo l’omertà e offrendo protezione a chi avesse contribuito a smantellare i vertici di Cosa Nostra. Una svolta che permise i grandi processi, come il maxiprocesso di Palermo.

Ma col tempo, quella legge si è trasformata. Le maglie si sono allentate, le ricompense sono diventate automatiche, i controlli meno stringenti. La giustizia premiale, da strumento di lotta, è diventata in alcuni casi scorciatoia per evitare condanne definitive. Brusca, autore di oltre cento omicidi, tra cui quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, è uscito da uomo libero grazie a un meccanismo nato con le migliori intenzioni.

Falcone lo avrebbe accettato? Avrebbe condiviso che la sua legge diventasse lo scudo giuridico di uno dei suoi carnefici? O forse, qualcuno ha scientemente lasciato che la norma si deformasse, trasformandola in un’arma a doppio taglio?

3. Chi aveva interesse a questo “doppio omicidio”?

Dietro la liberazione di Giovanni Brusca si cela un paradosso che lascia spazio a inquietanti interrogativi: chi aveva davvero interesse a far morire Falcone due volte, prima fisicamente, poi simbolicamente?

Ipotesi 1: Cosa Nostra

La mafia è la prima beneficiaria. Colpire Falcone ha significato eliminare il simbolo della legalità. Ma liberare il suo assassino equivale a una vittoria completa: una dimostrazione che lo Stato, alla fine, premia chi serve Cosa Nostra, anche se pentito.

Ipotesi 2: Settori deviati dello Stato

Falcone era scomodo, troppo indipendente, troppo efficace. Alcuni poteri interni potrebbero aver lasciato che il suo stesso strumento giuridico si trasformasse nel mezzo per cancellarne la memoria, evitando di renderlo un’icona attiva e pericolosa per gli equilibri interni.

Ipotesi 3: Interessi esteri

Come emerso da inchieste e documenti desecretati, le relazioni tra mafia, intelligence e potenze straniere non sono una fantasia. Falcone stava toccando equilibri che andavano oltre i confini nazionali. Il suo assassinio e la successiva “riabilitazione” del carnefice potrebbero rispondere a logiche geopolitiche.

Ipotesi 4: Classi politiche conniventi

Dalle trattative con la mafia ai silenzi istituzionali, la politica italiana non è immune da responsabilità. Alcuni settori potrebbero aver visto in Falcone un ostacolo da rimuovere prima, da dimenticare poi. La sua morte legale, attraverso la liberazione di Brusca, chiude un cerchio oscuro e coerente.

4. Il paradosso della giustizia

Il caso di Giovanni Brusca rappresenta un cortocircuito giuridico e morale. Da un lato, lo Stato si appella alla legalità e alla legge per giustificare la sua liberazione. Dall’altro, la collettività percepisce una profonda ingiustizia: il carnefice è libero, la ferita resta aperta.

Nel frattempo, l’Italia continua a perseguitare settori minori, come quello della cannabis light, con controlli, sequestri e criminalizzazione di giovani imprenditori. In un Paese dove si libera chi ha fatto sciogliere un bambino nell’acido, si incarcerano persone per possesso di infiorescenze legali.

Il diritto viene piegato, la legalità diventa feticcio. L’impressione è che la giustizia sia sempre meno un faro e sempre più un labirinto dove i più forti trovano l’uscita, mentre i più deboli restano intrappolati.

5. Memoria e mistificazione

La figura di Giovanni Falcone è oggi celebrata a parole, ma spesso tradita nei fatti. Monumenti, intitolazioni, cerimonie ufficiali: lo Stato lo onora pubblicamente, mentre nei meandri del potere ne disarma il pensiero e ne disattiva il lascito. La memoria di Falcone è diventata un simulacro da usare per legittimare un sistema che non gli somiglia più.

I giovani crescono conoscendo un Falcone eroico ma scollegato dalla realtà quotidiana. Pochi ricordano le sue battaglie per l’autonomia della magistratura, la sua denuncia degli intrecci tra politica e criminalità, il suo isolamento istituzionale prima della morte. In questo vuoto narrativo, la liberazione di Brusca diventa quasi una “non-notizia”.

Il pericolo più grande non è la morte della giustizia, ma la sua manipolazione simbolica. Quando si usa Falcone per giustificare l’ingiustificabile, la sua seconda morte è completata.

Conclusione: un assassinio perfetto?

Se davvero Giovanni Falcone è stato ucciso due volte, allora siamo di fronte a un delitto perfetto. Un attentato materiale e una sentenza simbolica. La mano armata ha colpito nel 1992, ma quella che ha firmato la liberazione del suo carnefice lo ha fatto trent’anni dopo, con la penna, col sigillo della legalità.

È giusto chiedersi: chi ha beneficiato di tutto questo? Chi ha avuto la forza, la volontà e la pazienza per aspettare, per trasformare una legge sacra in un lasciapassare per l’impunità? Sono domande che devono restare vive, se vogliamo impedire che la terza morte di Falcone sia l’oblio.

Fonti e approfondimenti:

  • Fanpage – Brusca è di nuovo un uomo libero
  • La Repubblica – La rabbia dei familiari delle vittime
  • Leggi anche: Brusca libero, lo Stato premia i mafiosi e punisce la cannabis light
  • Continua a seguirci su Libertà e Azione per altre notizie come La doppia morte di Falcone: chi ha usato la sua legge per liberare il suo assassino?.

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  • Brusca libero: lo Stato premia i mafiosi e punisce la cannabis light
  • Brusca, gli USA e i depistaggi: cosa sappiamo davvero?