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- Introduzione
- Chi è Giovanni Brusca
- La legge che lo ha liberato
- Cannabis light: lo Stato colpisce i piccoli mentre assolve i grandi
- Conclusione: la giustizia capovolta di uno Stato smemorato
- Brusca libero: la reazione dei familiari delle vittime di mafia
- Il pentito Giovanni Brusca è di nuovo un uomo libero - Fanpage
- Brusca libero, la rabbia dei familiari delle vittime: "È una vergogna" - La Repubblica
Introduzione
Brusca è tornato libero. La notizia scuote l’opinione pubblica e riapre la riflessione su giustizia, legalità e memoria. Ma mentre un killer pluriomicida viene liberato, lo Stato continua a perseguitare imprenditori della cannabis light. È l’Italia dei paradossi, dove la legge sembra più forte con i deboli e più debole con i potenti.
Chi è Giovanni Brusca
Giovanni Brusca, noto come “u verru” (il porco), è stato uno dei più spietati esponenti di Cosa Nostra. Capo del mandamento di San Giuseppe Jato, è tristemente celebre per aver azionato il telecomando che il 23 maggio 1992 fece esplodere l’autostrada A29, causando la morte del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e di tre agenti della scorta (Gazzetta.it).
Brusca è stato condannato per oltre 100 omicidi, tra cui quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido dopo 779 giorni di prigionia (Wikipedia).
Arrestato nel 1996, nel 2000 ha iniziato a collaborare con la giustizia, ottenendo benefici previsti dalla legge sui collaboratori di giustizia, voluta da Giovanni Falcone per incentivare i pentiti a fornire informazioni utili allo smantellamento delle organizzazioni mafiose.
La legge che lo ha liberato
La liberazione di Giovanni Brusca è stata possibile grazie all’applicazione della legge sui collaboratori di giustizia, un impianto normativo ideato dallo stesso Giovanni Falcone nei primi anni ’90. L’obiettivo era premiare i pentiti che fornivano informazioni chiave per disarticolare le organizzazioni mafiose.
Tuttavia, seppur efficace in molte indagini, questa legge ha sollevato negli anni numerosi interrogativi. Brusca ha ottenuto forti sconti di pena – da oltre 30 anni all’ergastolo – in cambio di dichiarazioni che hanno portato a processi cruciali, come quello sulla trattativa Stato-mafia.
Nel quadro normativo si inserisce anche il Decreto Sicurezza, approvato durante il primo governo Conte. Sebbene non direttamente collegato al caso Brusca, esso ha contribuito ad irrigidire norme per i migranti e le ONG, lasciando però invariati i benefici per i collaboratori mafiosi. Questo dualismo normativo fa emergere un paradosso legislativo: lo Stato appare inflessibile verso alcune categorie, ma incredibilmente tollerante verso criminali che, pur pentiti, hanno macchiato la storia con orrori inenarrabili.
Cannabis light: lo Stato colpisce i piccoli mentre assolve i grandi
Nel paradossale contesto normativo italiano, mentre un mafioso come Giovanni Brusca torna libero, imprenditori della cannabis light vengono perseguiti con accanimento. La cannabis light, ovvero quella con contenuto di THC inferiore allo 0,5%, è stata riconosciuta legale dalla legge 242 del 2016, ma in assenza di una normativa chiara sul consumo, molti commercianti sono finiti nel mirino della magistratura.
Negli ultimi anni si sono moltiplicate le operazioni delle forze dell’ordine contro negozi e coltivatori, con sequestri, chiusure forzate e arresti, spesso conclusi con assoluzioni in sede giudiziaria. Intanto, la criminalità organizzata continua a operare indisturbata su altri fronti. È il simbolo di una giustizia che colpisce duro verso chi si muove nei margini legali, ma che premia chi ha collaborato, anche dopo aver commesso atrocità irrimediabili.
Come riportato da Il Fatto Quotidiano, molti imprenditori denunciano un clima di incertezza normativa e intimidazione, alimentato da una campagna politica moralista e disinformata.
Conclusione: la giustizia capovolta di uno Stato smemorato
La liberazione di Giovanni Brusca non è solo una notizia di cronaca: è un segnale inquietante sulla direzione della giustizia italiana. Uno Stato che dimentica, che applica leggi senza contesto, che lascia liberi assassini e perseguita piccoli imprenditori. È la stessa Italia che criminalizza la cannabis light mentre firma la scarcerazione di chi ha premuto il bottone della strage di Capaci.
In questo clima, la memoria vacilla, la giustizia si fa selettiva e il sospetto che lo Stato scelga i suoi nemici in base alla convenienza diventa sempre più concreto. Non è un caso se ancora oggi molti aspetti della trattativa Stato-mafia restano avvolti nel buio, e a pagarne il prezzo è la credibilità delle istituzioni.
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